Smart Freud

Da anni la psicoanalisi è impegnata per capire le comunicazioni e i rapporti umani in contesti faccia a faccia, una disciplina che studia l’inconscio indagando l’attività umana e i suoi fenomeni psichici, che ora però fa i conti con una metamorfosi epocale che ha portato le relazioni umane nel web, un habitat virtuale dove si svolgono buona parte delle attività sociali, con strumenti e modalità completamente diversi.

Dunque, un caleidoscopico luogo relazionale, fatto di identità inventate, profili anonimi e avatar come alter ego, una varia umanità che manifesta psicopatologie come la nevrosi e l’isteria.

Certo che sul web quasi tutti cambiamo personalità cercando di costruire un “noi stessi” online che è una nostra versione potenziata, inoltre tendiamo a valorizzare le caratteristiche positive e nascondere quelle negative, sfruttando un controllo maggiore su tutto, cosa che manca nella vita reale, possiamo per esempio fingere di essere dove non si è, modificare i testi che scriviamo, ritoccare le immagini e tante altre cose.

Oltre tutto insistiamo, poiché il noi stessi online manca di feedback rapidi relativamente a quello che dice o a come appare, gli interlocutori assenti non condizionano i dialoghi con il linguaggio del corpo, come una risata, un’espressione del volto o il movimento di un sopracciglio, dunque in assenza di questo effetto immediato su come ci si pone, l’habitat online ci rende imbroglioni disinibiti e spregiudicati.

Altro aspetto psichico interessante è la necessità di confessare e divulgare informazioni personali, polarizzandole in gruppi dalla forte identità, che si confrontano in una sorta di echo chambers, luoghi virtuali in cui l’interazione avviene soprattutto con quelli che sono già d’accordo, inveendo contro quelli che non lo sono.

L’opera Smart Freud racconta la condizione dell’uomo social, braccato e succube della rete, vittima di un sistema che estorce informazioni private per conto di big data in grado poi di elaborare profili psicologici estremamente accurati, dunque un gigantesco psicoterapeuta che segue dai nostri monitor tutti i pazienti del mondo, li stimola, li ascolta e li conosce singolarmente molto bene ma non li consiglia e, soprattutto, non prescrive nessuna terapia.