Dimore Bestiali
Dimore Bestiali è il risultato di un vagabondaggio dell’artista in ambienti extraurbani dove gli animali domestici sono ancora allevati con modalità in cui emergono cura, creatività e compensazione. Le loro “abitazioni” sono infatti prevalentemente realizzate con materiale di recupero per cui numerosi oggetti, decontestualizzati ed opportunatamente modificati, sono riammessi ad una funzione d’uso, dando origine alle più ingegnose e fantasiose costruzioni architettoniche. Si tratta di un tema molto suggestivo per un fotografo, sebbene Giuliano Ravazzini asserisca con fermezza di non essere un fotografo.
“Non è allora un caso che si astenga da ogni forma di raffinatezza calligrafica e di controllo della bella scrittura: della fotografia gli interessa l’automatismo, la disponibilità veloce delle immagini tratte da quello che si vede intorno, non è un caso che la fotocamera digitale sia per lui uno strumento perfetto nel suo separare nettamente immagine e referente. (peraltro l’iter operativo inizia con la documentazione fotografica e si conclude con la rielaborazione grafica). […]
Dimore Bestiali Bran
Dimore Bestiali Gutter
Dimore Bestiali Landscape
Dimore Bestiali Muckraker
Dimore bestiali Plucked
Dimore Bestiali Rilievi
Dimore Bestiali Strings
Dimore Bestiali Cage
Dimore Bestiali Half Drum
Dimore Bestiali Manger
Dimore Bestiali Onagro
Dimore Bestiali Salt Shaker
Dimore Bestiali Rilievi 2
Dimore Bestiali Votive Landscape
Dimore Bestiali Chain
Dimore Bestiali Henhouse
Dimore Bestiali Muck
Dimore Bestiali Pigs
Dimore Bestiali Shack
Dimore Bestiali Rilievi 3
Di questo lavorare intorno alle forme di utensili, di oggetti quasi sempre di recupero, è possibile poi dare letture ancora più complesse e interessanti: Ravazzini sembra partire dalla volontà di individuare icone essenziali, e per rilevare l’essenza (del ritratto, del riparo, del contenitore) cerca in spazi marginali, come se il continuo riutilizzo di modelli e oggetti invece di usurarli e attenuarli ne rendesse più distinta la sorpresa, ripulita dalla patina del nuovo e del consueto, e rendesse disponibile il rimando mitico, a volte totemico. […] Il modo con cui poi oggetti disparati, quasi espolsi nel disegno del caso, ridotti a monocromo, riassemblati in scene solo apparentemente realistiche, fa pensare alle composizioni evocative di Emilio Tadini, o al gioco squisitamente surrealista dei Rebus: permeabilità tra immagine e parola, sorpresa dell’incontro tra invenzione (ritrovamento) e realtà. (Paolo Barbaro)