Cybersign

Si tratta di un’azione rivoluzionaria di un artista che utilizza la piattaforma di Google Maps per creare una nuova forma di street art digitale, intervenendo sugli spazi virtuali con opere che stimolano riflessioni e discussioni su temi sociali, culturali e politici.

Utilizzando software di grafica digitale, l’artista crea graffiti e simboli che vengono poi sovrapposti alle immagini dei luoghi scientemente individuati per le loro peculiari valenze: luoghi di scambio, famosi punti di riferimento, aree urbane degradate, spazi simbolici. Inserita l’opera, l’artista condivide il link del luogo modificato sui social media e altre piattaforme online, invitando il pubblico a esplorare e interagire.

Gli spazi virtuali di Google Maps diventano così luoghi di espressione creativa, gallerie d’arte accessibili a chiunque abbia una connessione internet, dove il principale obiettivo dell’artista è quello di stimolare il dialogo, in quanto ogni graffito o simbolo creato invita gli spettatori a riflettere e discutere su temi contemporanei. Incluso infine un nuovo dialogo su Arte e Tecnologia, una discussione aperta su come la tecnologia possa essere utilizzata per espandere le frontiere dell’espressione artistica.

Wi-rus:
Le volontà e i propositi dell’opera-azione Wi-rus, diffusa nei luoghi pubblici durante la pandemia da Covid-19, sono quelli di ricavare significanti da ciò che già esiste. L’artista declina il logo Wi-fi in Wi-rus e affida al potere dei segni la narrazione equivoca: li sdoppia, li rende affascinanti e semplicemente complessi. Un’azione iconica di grande attualità che si prende la scena, comparendo indifferente nelle stazioni ferroviarie, nei corridoi, sulle carrozze, sui pali a terra e sui gradini. Un monito rassicurante e minaccioso, rivelatore di un’ingannevole ambiguità che cancella la certezza dei significati per moltiplicare il potere dei segni e l’univocità della percezione. In una crisi sanitaria senza precedenti, la scienza incerta vacilla e condiziona la politica. I cittadini diffidenti mostrano evidenti reazioni emotive alla crisi, quali la paura dell’altro, le teorie del complotto, la costruzione del nemico e l’angoscia. In un momento così delicato per la civiltà, solo lo sguardo dell’arte ci può salvare: un’arte raziocinante e deduttiva, poco dedita al sogno e all’inganno, che può percepire tutta l’ambivalenza equivoca e la doppiezza ipocrita di ciò che sta accadendo. D’altronde il linguaggio dubbio e falso è il pilastro su cui poggia l’infodemia ma è anche uno dei presupposti d’indagine dell’arte contemporanea, capace di distillare la lezione concettuale e, con lucida visione, di cogliere scenari dai nuovi significati.

Xenos:
Si tratta di un’opera site specific visibile nei territori di approdo e di accoglienza dei migranti. Il progetto è la rappresentazione simbolica del sentimento che ci accomuna nei confronti dello straniero che arriva nei nostri territori. La parola “xenos” veniva usata nell’Antica Grecia da Omero per significare concetti divergenti come “nemico straniero” e “amico rituale”. Un equilibrio fragile la cui stabilità dipende dalla nostra resilienza, immigrare è portare con sè stati emozionali del proprio paese di origine, contaminare come una malattia il nuovo ambiente che si destabilizza. L’opera interpreta la parola greca nella sua duplice ambiguità semantica, riproponendo quel conflitto di sentimenti che investe la società contemporanea. Il messaggio iconico si insedia lungo reali ed immaginarie linee di confine o spazi negletti, dove i bisogni e le aspettative entrano in collisione, con il rischio di sovvertire l’ordine di convivenza.