All’arme

L’aggressività umana è un fenomeno complesso che è stato studiato da scienziati e filosofi per secoli; non esiste una singola spiegazione per l’aggressività umana, ma è probabile che sia il risultato di una combinazione di fattori biologici, psicologici e sociali.

La psicoanalisi, di fronte a eventi come le guerre, i genocidi e le violenze collettive comprende il significato traumatico che ne consegue, confermando che la pulsione di morte è latente e vive in noi. Dunque il pensiero distruttivo umano anela alla guerra che puntualmente accade in tutte le epoche e in diversi luoghi del pianeta, i contrasti e le tensioni che i popoli accumulano per anni sono esplosivo pronto a detonare in conflitti, spesso associati a crisi economiche e perdita di fiducia nel progresso.

La guerra è un fenomeno complesso e multifattoriale, solleva domande fondamentali su cosa significhi essere umani e sulla natura della società formata nel corso dei secoli.

Essa è fonte di un profondo dualismo: fa emergere l’elemento bestiale dell’uomo ma anche la sua parte più nobile, rappresenta la matrice indelebile della società, indissolubile come una sorta di peccato originale perpetrato dai nostri antenati nel momento in cui hanno cominciato a organizzarsi in gruppi sociali e con i quali convive come in un duo inscindibile e simbiotico.

Dunque un bisogno necessario, ricorrere alla guerra come strumento di soluzione dei conflitti, bisogno messo in pratica dai nostri predecessori che erano essenzialmente dei cacciatori/raccoglitori poi diventati degli agricoltori/allevatori, due diverse tipologie ma in entrambe il controllo del territotio è assolutamente essenziale per la sopravvivenza del gruppo.

Si tratta di proteggere il proprio territorio dalle incursioni, oppure quando per qualche motivo lo spazio a disposizione non è più sufficiente, si cerca di occupare quello altrui. Chi non è in grado di fare l’una o l’altra cosa, a seconda delle circostanze, muore di fame o soccombe.

Questa è sempre stata, e forse sempre sarà la realtà, si può decidere di ignorarla, di far finta che le cose siano diverse o sperare che l’uomo cambierà ma purtroppo avviene il contrario. Per fare la pace bisogna essere in due, ma per fare la guerra basta uno solo, rassegnamoci ad un ciclo di corsi e ricorsi che fino ad oggi puntualmente si ripete.

Il movimento dei venti preserva il mare dalla putredine, nella quale sarebbe ridotto da una quiete durevole, così la guerra preserva i popoli dalla fossilizzazione alla quale li ridurrebbe a una pace durevole o perpetua.
(Georg Wilhelm Friedrich Hegel)