Bubble Democracy
Già negli anni Ottanta George Orwell profetizzò l’arrivo di un totalitarismo invasivo, un’idea di futuro distopico puntualmente accaduto, previsione geniale ma forse inadeguata per capire i cambiamenti che stanno investendo il nostro sistema politico e sociale.
Oggi sono evidenti altri rischi, nati dalle relazioni digitali, che sono la progressiva chiusura delle masse in micro comunità, impermeabili e isolate in bozzoli informativi chiusi. Una sorta di tribù con abitudini e conoscenze omogenee, organizzate secondo modalità isolazioniste e anarchiche. Possiamo ipotizzare che tutto ebbe inizio qualche decennio fa quando si parlava di quotidiani personalizzati, confezionati in base ai nostri interessi, in seguito la libertà di scelta si allarga con la nascita dei social media, dove non solo è possibile selezionare notizie, post o link ma lo si può fare con l’identità nascosta in completa assenza di inibizioni. È evidente che fino a questo punto sussiste un’alta forma democratica, dove la libera scelta si pone al vertice delle attività relazionali e il cittadino agisce nel pieno delle sue facoltà.
Ma c’è un fatto, un meccanismo al di fuori del nostro controllo che spinge sempre più verso un “recinto” poiché digitando, allertiamo algoritmi che filtrano i flussi informativi, sulla base dei nostri gusti la rete ci riconosce e con leggerezza ci accompagna e ci rinchiude dentro una bolla personalizzata, in cui tutti i concetti e le idee vanno di fatto nella stessa direzione e rafforzano i nostri ruoli radicalizzando fatalmente le nostre posizioni.
Concorrono a questo fenomeno flussi di dati chiamati cyber-cascate, che si adeguano alla nostra velocità di azione favorendo la diffusione di opinioni e fake news, e poiché gli algoritmi, come detto, assecondano le nostre idee, assistiamo ad un fenomeno di attrazione e polarizzazione esponenziale, una sorta di guida spirituale che cementa legami e idee interagendo in modo liquido e costante. Un ritorno alle tribù dunque con nuove comunità autonome dalla forte identità culturale e di contrapposizione dei simili ai diversi, una sorta di etnocentrismo culturale presente in tutte le società del passato che oggi possiamo chiamare egocentrismo. L’artista, demiurgo e ingegnere di mondi, percepisce questo cambiamento e immagina la nascita di nuovi universi con gli equilibri e le leggi in esso vigenti, rappresenta una sfera di cristallo al cui interno si muovono flussi e sapienze. In una tensione narrativa inedita, l’artista architetta una cosmogonia allegorica mettendo in scena un universo digitale animato da ingranaggi, connessioni e reti informatiche, organi trasmettitori alternanze e oscillazioni ci appaiono immobili inattesa di una mano esterna che tutto sconvolga semplicemente agitandola come una palla di neve. Un’opera grafica vettoriale, magnetica come una Gif, misteriosa come un mantra tibetano o un’ incisione di Lambert, Bubble Democracy vive ora nel World Wide Web e tutti possiamo agitarla per coglierne gli effetti.