Scemocracy
È certamente un’immagine provocatrice, per quanto questa improbabile posizione da contorsionista possa anche suscitare una certa ilarità, essa ben riassume quella spudorata consuetudine di mettersi in mostra davanti ad un pubblico di cui non si conosce a fondo l’entità e tanto meno la benevola comprensione.
Dai social ai selfie, il cellulare ci spinge a comportamenti sempre più estremi e a mostrare tutto di noi: gusti, affetti, stati d’animo, mettendoci in una sorta di vetrina agli occhi del mondo esterno, praticando spesso un deleterio ripiegamento su noi stessi che ci spinge ad oltrepassare il buon senso, sconfinando in un contesto fatto di stupidità, denominato appunto Scemocracy.
Il web è sovrastato dalla futilità delle nostre azioni, tra corpo e mente si crea una sorta di corto circuito per cui le relazioni esterne non esistono e forse il vivere diventa una questione ossessiva in cui la stupidità prende il sopravvento e diventa pericolosissima.
Soprattutto in rete l’idiozia è il filtro per affrontare qualsiasi evento, la panacea di tutti i mal di pancia ideologici, la soluzione al disimpegno per affrontare leggeri un luogo virtuale serio e tecnocratico, dove la libertà di parola diventa spesso soltanto cretineria.
Tutti però, e questo è il punto cruciale, oggi si incontrano ardentemente sui social media, e dunque si rivoluzionano paradigmi acquisiti, si scompaginano criteri polverosi, si riarticolano modelli e schemi acquisiti, depurati dai social network che donano a chiunque la responsabilità di parola, assunta con leggerezza e insipienza, con questo aprendo la stura alle opinioni più stupide e cretine.
D’altra parte questi nuovi media 2.0 ridimensionano tutti istantaneamente, livellando ogni biodiversità culturale entro le griglie semplici e precostituite di un format adolescenziale che per definizione contempla e favorisce l’aspetto sciocco e scemo dei rapporti umani.